Je suis 3D

  1. Titolo agganciandomi a fatti ed espressioni di cronaca recente e che non centrano nulla tra di loro.
  2. Ci metto in mezzo una sigla che appartiene a tutt’altra materia.
  3. Leggo i testi pubblicitari dell’immagine di questo post.
  4. Scopro che il titolo ha più senso di quei testi.

3D è la panacea dei copywriter o del prodotto per il quale, evidentemente, “non ci sono più aggettivi”? Colpa della crisi? Qualche domanda me la farei, sia dalla parte del consumatore che dalla parte del produttore:

  1. Bianco 3D?
  2. Pulizia 3D delle superfici?
  3. Bevanda 3D per il drenaggio dei liquidi corporei?
  4. Che sia lo stesso prodotto in diverse confezioni?

In tutti questi casi abbiamo vari marchi che si uniformano nell’errore: il loro prodotto non è unico; un detersivo, un dentifricio o un lucidalabbra hanno la stessa caratteristica principale.

Non mi occupo dei testi, ma per evidenti motivi l’improprio uso “del 3D” mi è stato subito evidente. Il punto è che potrebbe esserlo per chiunque, visto che è sufficiente la terza media per conoscere il concetto di 3D ( la terza dimensione, larghezza altezza e profondità, la “z” di “xyz”), quindi, scrivere 3D ovunque a caso non “fa figo”. In qualche caso può richiamare il concetto di volume, ma, visto il pannello di esempi, varrebbe la pena di evitare.

Se possiamo dire che il Ministero della Salute ha fatto una comunicazione sbagliata (questo è il link all’editoriale di robadagrafici.net con le argomentazioni), che dire qui? Certamente non sono allo stesso livello, ma perché abusare di termini che poco o nulla hanno a che fare con il prodotto? Moda? Una moda è tale perché uniforma per un periodo, ma in questo caso non mi sembra un tipo di uniformità auspicabile!

 

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